DECRETO LEGGE SALVA CASA
Recupero Acqua Piovana: quando conviene installare un Impianto Idoneo
Questo Approfondimento affronta una tematica tanto importante quanto attuale, sopratutto in estate quando si possono presentare situazioni di prolungata siccità: viene infatti affrontato quando vi sia convenienza ad installare o meno un impianto per il recupero acqua piovana.
L'acqua è un bene imprescindibile, in molte parti del mondo le piogge sono considerate una vera e propria benedizione.
L'agricoltura vive di acqua e in campagna si studiano metodi diversi ed impianti per recuperare l'acqua piovana, mentre in città viene considerata un problema da risolvere a causa dell'urbanizzazione. La costante cementificazione urbana ha creato molte difficoltà legate allo smaltimento delle acque piovane, inoltre le piogge, sempre più violente, hanno intensificato questo problema.
E' paradossale che un bene primario come l'acqua sia sprecato in molte parti del mondo e visto come un problema!
Partiamo dal presupposto che oltre il 50% dell'acqua che usiamo in casa potrebbe derivare dal recupero di acqua piovana, pensiamo al WC, alle pulizie generali della casa, all'irrigazione del giardino.
Per ottenere acqua a costo zero, priva di calcare, dobbiamo semplicemente predisporre un impianto per recuperare l'acqua piovana.
Il risparmio idrico è quindi una pratica sostenibile che tutti, in casa o in azienda, dovremmo attuare per evitare lo spreco di una preziosissima e, purtroppo, quasi sempre più scarsa risorsa naturale.
Nonostante l'acqua ci sembri non mancare perché ogni volta che apriamo il rubinetto scorre a volontà, questo non ci "autorizza" a sprecarla; essendo un bene pubblico come ribadito e sancito in occasione del referendum del 2011.
In questo nostro "cammino" verso la consapevolezza dell'importanza del risparmio idrico, non sottovalutiamo quanto possa essere importante il recupero dell'acqua piovana, a maggior ragione se viviamo in zone dove in autunno e in inverno le precipitazioni sono abbondanti.
Questa pratica non solo ci farà risparmiare in bolletta (i rincari dell'acqua in bolletta sono sempre più consistenti: secondo l'Ufficio Studi della Confartigianato, dal 2004 al 2014 le tariffe sono aumentate del 95,8 % circa) ma ci permetterà di non sprecare la nostra principale fonte di vita.
Uno dei problemi principali, infatti, è che utilizziamo nelle nostre case acqua potabile anche per usi per i quali non necessita (innaffiare orti, lavare automobili, riempire piscine) e per i quali potremmo impiegare con successo il recupero dell'acqua piovana.
L'acqua piovana può essere raccolta e filtrata e quindi utilizzata per la pulizia della casa e per il bucato. Essendo priva di calcare può essere impiegata anche per lo sciacquone del gabinetto. Senza calcare i nostri elettrodomestici (lavatrice) lavoreranno meglio e questo ci farà risparmiare, come ulteriore effetto positivo indotto, anche sull'uso di prodotti specifici anticalcare con benefici ulteriori per il portafoglio e per l'ecosistema!
Il modo più semplice e veloce per raccogliere l'acqua piovana è quello di posizionare secchi e contenitori di diversa grandezza intorno al giardino o sul balcone o ancora sui terrazzi.
Chiaramente ciò porterà a raccogliere un discreto quantitativo di acqua ma se vogliamo un sistema più organizzato in casa ma anche in azienda possiamo realizzare un impianto che convoglia le acque provenienti da grondaie e canali in serbatoi di accumulo.
Se abbiamo in mente di recuperare acqua piovana e introdurla nel nostro processo produttivo/manifatturiero, non è certo il massimo, anche esteticamente parlando disseminare nella sede aziendale cisterne e secchi vari.
Per questo abbiamo bisogno di un sistema che immagazzini l'acqua piovana che può essere utilizzata quando e dove serve.
In generale il sistema di recupero di acqua piovana segue degli step logici:
- raccolta dell'acqua dai tetti;
- filtrazione dell'acqua piovana;
- conservazione in cisterne interrate anche fuori terra.
Il sistema è indipendente rispetto a quello di distribuzione dell'acqua potabile. Gli elementi base sono dunque: serbatoi di accumulo, filtri per tubazioni pluviali, pompa per il prelievo. I serbatoi, che possono essere del tipo interrato o fuori terra, devono rispondere ad alcune caratteristiche tecniche: capacità di resistere al tempo, agli sbalzi termici, alla corrosione e all'ossidazione. Inoltre i serbatoi fuori terra devono essere leggeri e adatti al trasporto. I filtri vanno ubicati a monte del serbatoio e, a seconda dell'impianto, anche in più punti dell'impianto stesso. I filtri separano l'acqua dalla sporcizia e per evitare che eventuali sedimenti si agitino, la tubazione nella parte finale è rivolta verso l'alto. Il prelievo dell'acqua avviene tramite pompa.
In alcuni sistemi più sofisticati (e più ecologici) la pompa è collegata a un pannello fotovoltaico. Alcuni sistemi professionali smaltiscono l'acqua piovana in eccesso in modo automatico deviandola verso lo scarico. L'acqua in eccesso viene smaltita nella fognatura pubblica o tramite apposito sistema drenante. In caso di precipitazioni abbondanti, il sistema di raccolta dell'acqua piovana potrebbe andare in saturazione anche se prevedere un sistema di controllo (con galleggiante che rileva il livello di saturazione) può evitare tutto ciò. Si ricorda, inoltre, che l'installazione di una gronda per raccolta di acqua piovana non deve entrare in conflitto con il regolamento condominiale per una questione di decoro della facciata del palazzo.
Conclusioni
E' ragionevole chiedersi, a fronte dell'investimento, se conviene installare un impianto e se i costi di realizzazione e manutenzione saranno coperti dai benefici: uno studio condotto dal CIR, Centro Internazionale di Ricerca olandese, ha concluso che la raccolta conviene dove mediamente cadono dai 100 ai 500 mm ogni anno.
La finanziaria 2008 – legge 244/2007, articolo 1, comma 288 – ha disposto che dal 2009 il rilascio del permesso di costruire sia subordinato, oltre che alla certificazione energetica dell’edificio, anche alle caratteristiche strutturali dell'immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche. Già alcune regioni hanno legiferato in modo ancor più preciso, es. Lombardia, Toscana, Marche, Lazio, Puglia, Umbria, mentre le altre sono in fase di emanazione.
Anche nel Protocollo ITACA viene preso in considerazione il riutilizzo di queste acque, in quanto il Settore Civile rappresenta ad oggi uno dei maggiori sfruttatori delle risorse idriche insieme al Settore Industriale.
Mediamente i costi vengono ammortizzati in un periodo che va dai 5 anni, per chi utilizza grandi quantitativi d'acqua, ai 15÷20 per chi non ne consuma elevate quantità.
Questo sistema consente però di avere sempre a disposizione acqua per irrigare e coltivare in modo ottimale piccoli e grandi terreni, anche in periodi di siccità o in periodi, sempre più frequenti, in cui le Amministrazioni Comunali vietano l'irrigazione per far fronte a crisi del sistema idrico. I vantaggi economici per questa soluzione non sono ampi e certi, esistono solo vantaggi sicuri dati dall'indipendenza idrica per il coltivabile e alla conseguente possibilità di aver sempre a disposizione un'ingente riserva d'acqua anche nei periodi più secchi.
USUCAPIONE : COS'E' E COME SI APPLICA
L’usucapione è una modalità con la quale è possibile diventare proprietari di un bene mobile ed immobile senza la necessità di un contratto, un testamento e che non prevede nemmeno un accordo con il proprietario del bene. Una differenza sostanziale rispetto alla classica forma di acquisto di proprietà che avviene quando il titolo viene trasferito da precedente proprietario al nuovo. Si parla infatti in questo caso di acquisto della proprietà a titolo derivativo mentre l’usucapione è un acquisto a titolo originario.
Affinché un soggetto possa ricorrere a tale istituto è necessario che dimostri che il possesso del bene abbia rispettato determinati requisiti e che si sia protratto per almeno 20 anni. L’usucapione è disciplinato dall’ art. 1158 e seguenti del Codice Civile, da cui partiamo per poi passare alle informazioni
Cos’è l’usucapione?
L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario che si verifica quando è possibile dimostrare il possesso di un bene, mobile ed immobile, in modo continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto. Due sono gli elementi fondamentali da provare: il possesso del bene ed il protrarsi di un determinato periodo di tempo, la cui entità è strettamente collegata al tipo di bene in questione (non supera mai i 20 anni).
Quali sono i requisiti per l’usucapione
Per diventare il nuovo proprietario di un bene mediante l’istituto dell’usucapione è necessario che vengano rispettati determinati requisiti. Dovrai infatti dimostrare che:
- sei in possesso del bene da un determinato periodo di tempo che in via generale è stabilito in 20 anni. Ciò rappresenta una tutela fondamentale per il legittimo proprietario soprattutto nei casi in cui, per diversi motivi, potrebbe essere momentaneamente impossibilitato a far valere i propri diritti;
- il possesso deve avvenire in modo continuo, non sono ammessi periodi di interruzione superiori ad un anno;
- il tuo comportamento nei confronti del bene rispecchia lo status di vero proprietario ossia il possesso è avvenuto alla luce del sole e pubblicamente. Volendo fare un esempio: c’è un immobile abbandonato che vuoi usucapire. Se accedi o utilizzi il bene in modo furtivo anche se per il periodo di tempo prestabilito, non potrai comunque ricorrere a tale istituto;
- il possesso non è avvenuto in modo violento (contro la volontà del proprietario) o clandestino (utilizzando degli artifici per nascondere il possesso del bene al reale proprietario). Se ciò fosse invece accaduto l’usucapione inizierà a decorrere soltanto nel momento in cui cessa la violenza o la clandestinità.
Altri requisiti riguardano il comportamento del proprietario del bene. Quest’ultimo deve essere completamente disinteressato al bene in oggetto e lascia che lo stesso sia utilizzato da terzi. Il possesso deve essere dunque esclusivo e indisturbato. Torniamo all’esempio utilizzato: il casolare abbandonato. Per richiedere l’usucapione è necessario che il legittimo proprietario lasci l’immobile in uno stato di completo abbandono ed incuria e che non si interessi del fatto che questo venga utilizzato da un altro soggetto come se fosse il reale proprietario.
Decorsi 20 anni, puoi richiedere l’usucapione e diventare il nuovo proprietario dell’immobile. Il legittimo proprietario può comunque rivendicare la proprietà mediante la notifica di un atto giudiziario che interrompe il termine dei 20 anni per l’usucapione. Da questo momento decorre un nuovo periodo e per richiedere l’usucapione dovrai aspettare altri 20 anni. L’usucapione non può essere richiesto quando il possesso avviene con l’accondiscendenza del proprietario per motivi di amicizia o conoscenza.
Quali beni si possono usucapire?
A questo punto ti starai chiedendo quali sono nello specifico i beni che possono essere oggetto di usucapione. Di seguito ti proponiamo le diverse categorie.
- Beni immobili: sono definiti immobili tutti i beni che fanno corpo unico col suolo e non possono essere asportati se non apportando un’alterazione della destinazione del suolo. Sono dunque beni immobili: gli edifici, le abitazioni, i terreni, i capannoni, i fabbricati e tutto ciò che sia incorporato al terreno in modo fisso e permanente.
- Beni mobili: per definizione sono mobili tutti gli altri beni. In linea generale si tratta di tutti quei beni che si possono trasportare e dunque: mobili, piccole e grandi elettrodomestici, computer etc. Sono inclusi anche oggetti pesanti che per essere spostati da un luogo ad un altro richiedono l’utilizzo di macchinari speciali.
- Beni mobili registrati: si tratta di tutti quei beni mobili che per legge devono essere iscritti in pubblici registri. Rientrano in questa categoria ad esempio le automobili ed i motocicli che vanno iscritti nel Pubblico Registro Automobilistico. Ma anche navi, galleggianti e aeromobili.
Non possono essere oggetto di usucapione i beni demaniali, del patrimonio dello Stato o di altri enti territoriali.
I tempi richiesti per l’usucapione
Il periodo di tempo necessario affinché un soggetto possa diventare il nuovo proprietario di un bene per usucapione dipende da quattro fattori:
- la natura del bene;
- il motivo del possesso (buona fede e malafede);
- l’esistenza o la mancanza di un titolo idoneo;
- l’esistenza o la mancanza della trascrizione in registri pubblici.
Prima di passare all’elenco dei tempi necessari occorre comprendere cosa si intende per buona fede e malafede. Si è in buona fede quando non si è a conoscenza del fatto che il bene appartenga ad altri o si è convinti di aver acquistato il bene in modo legittimo dal vero proprietario. In questo secondo caso si pensi ad un soggetto che acquisti un bene con regolare contratto di acquisto da quel che pensa essere il vero proprietario, ma tale non è. Si è invece in malafede quando si è consapevoli di possedere un bene altrui. Il nostro sistema normativo premia la buona fede applicando tempi più brevi. Di seguito i periodi di tempo richiesti per l’usucapione:
- 20 anni per gli immobili il cui possesso è avvenuto in malafede;
- 20 anni per gli altri diritti di godimento sopra un immobile (es. usufrutto, uso, abitazione etc);
- 20 anni di possesso continuato per i beni mobili;
- 10 anni se il possesso è stato acquistato in buona fede ed in presenza di un atto di acquisto che si riteneva valido ma è stato poi considerato nullo (come il caso su esposto);
- 10 anni di possesso continuato per i beni mobili che sono stati acquisiti in buona fede da chi non è il proprietario, in presenza o meno di un atto di proprietà;
- 10 anni di possesso continuato per i beni mobili registrati;
- 3 anni dalla trascrizione per i beni mobili registrati acquistati in buona fede da chi non è il vero proprietario.
Durante i periodi stabiliti ricordiamo che il possesso non deve subire interruzioni superiori ad un anno. Nel caso in cui il legittimo proprietario decida di riappropriarsi del bene e ne rientra in possesso per almeno un anno, il termine per l’usucapione viene interrotto. Una sorta di reset che azzera il conteggio degli anni necessari e avvia un nuovo periodo di decorrenza.
Causa per usucapione: come si avvia e come funziona
La validità dell’usucapione è stabilita dal giudice ed è dunque necessario avviare una causa. Prima di dare incarico al tuo avvocato, bisogna però verificare se si hanno le prove per dimostrare l’esistenza di tutti i requisiti necessari. Sono fondamentali in tal senso tutti i documenti che possono dimostrare il possesso e l’utilizzo del bene in modo continuativo ed indisturbato. Per un bene immobile ad esempio sono considerate prove tutte le ricevute di pagamento per eventuali lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria. La prova principale è fornita comunque dai testimoni. Quest’ultimi dovranno dichiarare dinanzi al Giudice di aver assistito ad un uso continuativo ed ininterrotto del bene da parte del possessore e che quest’ultimo si è comportato come se fosse il legittimo proprietario.
Bisogna però specificare che prima di avviare la causa per usucapione si procede con un tentativo di mediazione. Il soggetto che intende acquisire la proprietà per usucapione è infatti tenuto ad invitare il legittimo proprietario davanti ad un organismo di mediazione accreditato dal Ministero di Giustizia. Il compito del mediatore è trovare un accordo tra le parti. Se si arriva ad un accordo si può evitare la causa in tribunale, l’importante è che venga siglato da un notaio in sede di mediazione e reso pubblico con la trascrizione. L’accordo siglato e trascritto diviene il titolo valido mediante cui si accerta l’effettivo acquisto della proprietà del bene per usucapione. Tale procedura dura massimo 90 giorni.
Se non si raggiunge un accordo e dunque l’esito della mediazione è negativo, il soggetto che intende richiedere l’usucapione potrà rivolgersi al Tribunale presentando il verbale negativo di mediazione. La causa di usucapione si avvia con un atto di citazione in giudizio ad opera di un avvocato o di un notaio, che viene notificato alla controparte da un ufficiale giudiziario.
Quanto costa una causa per usucapione?
Il costo della causa è strettamente connesso al valore del bene che si vuole acquistare per usucapione. Il contributo unico da pagare segue gli scaglioni previsti dai parametri forensi civili stabiliti nel Decreto Ministeriale 55/2015. Per i beni immobili c’è da aggiungere il costo per l’imposta di registro, per l’imposta ipotecaria e quella catastale. Solitamente la provvigione richiesta dall’avvocato o dal notaio per una causa di usucapione va dai 2.000 ai 6.000 euro circa.
Lana di roccia: che cos’è e come si realizza
Tra i più diffusi isolanti termici troviamo la lana di roccia, un materiale versatile che si presta a molteplici campi di impiego. Conoscere meglio le sue caratteristiche è importante per poter scegliere in maniera ottimale il tipo di isolante da usare nei lavori di restauro.
Ecco una rapida panoramica per conoscere meglio uno dei sistemi di coibentazione più diffusi.
La lana di roccia, composizione di una delle più diffuse tipologie di isolante termico
La lana di roccia è un diffusissimo isolante termico utilizzato ormai da molto tempo in edilizia. Si tratta di un isolante termico di origine naturale poiché è un silicato amorfo derivato dalla roccia.
I materiali isolanti composti da lane di vetro e di roccia sono prodotti molto simili e sono definiti anche con il termine collettivo di isolante termico e acustico a base di fibre minerali.
In particolare, la lana di roccia è composta per il 97% da diabase, basalto e dolomite.
La sua caratteristica principale è la struttura macroscopica lanuginosa, una conformazione che permette di incamerare molta aria e di attutire i suoni e allo stesso tempo di isolare dalle variazioni di temperatura.
Per sua stessa natura questa composizione ha un’ottima resistenza la fuoco, caratteristica che la rende uno dei materiali di eccellenza nel panorama edilizio.
La lana di roccia si trova principalmente sotto forma di pannellature ad alta densità, soluzione che la rende adatta come isolante termico per pareti anche di scarso spessore così come a soluzioni di più ampio respiro.
Infine, questo materiale è venduto come isolante termico anche in forma di rotoli che appoggiano su fogli di carta Kraft.
Come si produce e si lavora la lana di roccia
Come abbiamo visto poco sopra, la lana di roccia è composta per il 97% da diabase, basalto e dolomite.
Questi elementi subiscono fusioni a temperature che si attestano sui 1400° e il composto viene filato in fibre minerali artificiali. Per coadiuvare la fusione viene impiegato dal solfato di sodio.
Una delle caratteristiche prestazionali imprescindibili per un isolante termico per pareti e affini è la stabilità: questa si ottiene addizionando al composto minerale la bakelite con funzione di legante.
Come isolante termico per pareti la lana di roccia è uno strumento dalle ottime capacità prestazionali purché si abbia la cura di utilizzarlo su pareti non direttamente a contatto con la terra.
Lana di roccia: un isolante termico per pareti e non solo
Si tende a pensare la lana di roccia come un isolante termico per pareti: in realtà la gamma di impiego di questo materiale è molto più vasta.
La lana di roccia è particolarmente indicata non solo come isolante termico per pareti ma anche nei casi difficili, nelle progettazioni con contenuti tecnologici importanti o con richieste di prestazioni a controllo energetico elevato come le Case Passive.
La lana di roccia è un isolante termico diffuso e consigliato nei casi di isolamento a cappotto, di facciate ventilate o di coperture in legno. Si suggerisce un suo utilizzo anche in situazioni in cui l’isolante deve assolvere a innumerevoli e specifiche caratteristiche.
La funzione di isolante termico per pareti è, dunque, solo uno dei molteplici utilizzi: basti pensare che si usa la lana di roccia anche per la coibentazione di navi e, recentemente, nell’idroponica.
Bambù in edilizia: un materiale versatile e 100% sostenibile
Bambù in edilizia: un materiale versatile e 100% sostenibile
Il bambù è un materiale naturale che trova largo impiego in ambito architettonico tanto da essere soprannominato “acciaio vegetale”. I vantaggi legati all’impiego di questo materiale sono molteplici, a partire dalla facile reperibilità; il bambù, infatti, è una pianta diffusa e capace di crescere in zone climatiche differenti. Se a questo aspetto aggiungiamo, poi, le proprietà di resistenza, versatilità e leggerezza ci rendiamo conto di quanto sia agevole il suo impiego in architettura.
Nonostante il bambù cresca senza particolari esigenze in gran parte del globo il suo utilizzo in ambito edile è tipico delle zone dell’Asia e dell’America Latina dove cresce spontaneamente e il cui utilizzo è insito nella cultura sociale.
L’impiego del bambù in Asia, di fatto, è molto radicato e, grazie alla sua versatilità, soddisfa un ampio ventaglio di richieste che non riguardano solamente il mondo dell’edilizia.
Il suo impiego come materiale da costruzione, ad ogni modo, non si riduce alle sole aree agricole o extra urbane ma anche alle metropoli, dove viene usato intensivamente; un aspetto che identifica questo materiale come idoneo sia per impieghi “poveri”, prediletti in America Latina, che per realizzazioni più dispendiose.
La diffusone del bambù in ambito europeo soddisfa, principalmente, il mercato dei rivestimenti, sia di facciata che di superficie, assumendo, per lo più, una funzione estetica e ornamentale. Una scelta che sembrerebbe dipendere dall’incapacità di slegarsi dai tradizionali modi di costruire, rallentando le possibilità di convertire il mondo delle costruzioni in una filiera sostenibile.
Bambù: una risorsa preziosa per l’ambiente e per l’edilizia
L’appellativo di “acciaio vegetale” dovrebbe già suggerirci le capacità meccaniche possedute da questo materiale in ambito costruttivo, la resistenza a tensione delle sue fibre può toccare i 12.000 kg/cmq, quasi due volte quella dell’acciaio, e supera addirittura il calcestruzzo nella resistenza a compressione.
Se da una parte possiamo giovare della sua resistenza dall’altra garantiamo il massimo rispetto per l’ambiente.
Questa pianta sempreverde, capace di crescere a qualsiasi altitudine e in condizioni climatiche non ottimali, non solo rappresenta una risorsa naturale particolarmente resistente, ma dimostra di essere un elemento prezioso in quanto capace di catturare una quantità di anidride carbonica quaranta volte superiore a quella assorbita da un bosco delle stesse dimensioni.
La realizzazione di edifici mediante l’utilizzo di questa pianta garantisce un impatto ambientale minimo rivelandosi una delle soluzioni da prediligere in un momento storico come quello che stiamo vivendo, in cui il pianeta si trova sotto un attacco costante.
Le prestazioni garantite da un edificio realizzato con il bambù sono maggiori rispetto a quelle denotate da realizzazioni che impiegano tecnologie e metodi tradizionali, con incrementi di resistenza a trazione e compressione, oltre al raggiungimento di elevati parametri di sostenibilità.
È importante osservare, inoltre, come le proprietà di flessibilità e leggerezza rendano questo materiale perfetto per resistere alle azioni sismiche.
I principi della bioedilizia vengono pienamente soddisfatti da questa pianta che, grazie al rapido ciclo di vita variabile dai 3 ai 5 anni, soddisfa appieno le richieste di una società frenetica con la possibilità di riciclo e reimpiego a fine vita.
Bambù per il design e l’arredo
L’utilizzo del bambù per la realizzazione di complementi d’arredo è particolarmente apprezzato per diversi aspetti: la superficie, infatti, si presenta naturalmente liscia, oltre ad essere pulita e caratterizzata da un colore esteticamente apprezzato. Queste proprietà rendono superflua l’applicazione di pitture coprenti o lucidanti.
Altro importante aspetto legato a questo materiale è l’idrorepellenza, che lo rende idoneo per essere utilizzato anche in ambienti soggetti alla presenza di acqua o di un maggiore tasso di umidità, come il bagno o la cucina.
Questo perché la pianta ha origine in ambienti caratterizzati dalla presenza di forte umidità e sbalzi di temperatura frequenti, rendendola immune alle variazioni di volume.
Rivestimenti in bambù
Le proprietà possedute dal bambù riescono a soddisfare, come già anticipato, anche il settore dei rivestimenti includendo schermature di facciata e pavimentazioni, sia interne che esterne.
La soluzione più diffusa nell’ambito delle pavimentazioni è il parquet prefinito in bambù.
La scelta di questo materiale per realizzare rivestimenti all’interno della casa, ma anche all’esterno, è motivata dalle molteplici proprietà possedute tra cui la bellezza naturale, che permette di realizzare parquet in pura essenza nobile senza aggiunta di altri legni, e la resistenza ai graffi, garantita da una durezza e da una resistenza meccanica superiori a quelle possedute dai più comuni legni per parquet.
Se state pensando che questi vantaggi si possano tradurre in un eccessivo costo vi rassicuriamo subito. Infatti, a parità di qualità, i pavimenti in bambù hanno prezzi più bassi dei classici in legno in quanto il ciclo di vita della pianta è particolarmente rapido, rendendo questo materiale sempre disponibile.
La pulizia di un pavimento in bambù si rivela estremamente semplice in quanto questo materiale tende a non assorbire lo sporco o la caduta accidentale di liquidi come caffè, olio, aceto, ecc.
DALLA SVEZIA IL LEGNO TRASPARENTE COME IL VETRO
Grazie a nanoporosità derivate dall’eliminazione della lignina e al PMMA, questo legno trattato raggiunge una trasmittanza ottica dell’85% e rappresenta un’alternativa economica ed ecologica per finestre e pannelli solari.
Lamellare, a strati incrociati, ingegnerizzato: il legno è da sempre uno dei biomateriali più versatili e per questo trova sempre maggior spazio nell’edilizia, anche come alternativa rinnovabile ad altri materiali meno ecologici. E forse in futuro rimpiazzerà il vetro anche là dove è più difficile immaginare: nelle finestre e nei pannelli solari. Il primo passo in questa direzione lo hanno fatto gli scienziati del KTH Royal nstitute of Technology svedese.
I risultati delle loro ricerche sono stati da poco pubblicati sulla rivista specializzata Biomacromolecules. Il team coordinato dal prof. Lars Berglund immagina che questa invenzione possa rimpiazzare come sostituto più economico i tradizionali vetri a base di silicio. Infatti il prodotto che hanno ottenuto riesce a raggiungere una trasmittanza ottica dell’85%. Questo significa che, anche se non lo si può definire trasparente in senso proprio, garantisce il passaggio di una gran quantità di luce.
Per ottenere questo grado di trasparenza, gli scienziati hanno innanzi tutto rimosso chimicamente la lignina dalle fibre del legno, creando nanoporosità. Il passaggio è fondamentale, dal momento che la lignina, che forma le pareti delle cellule, ha la proprietà di assorbire la luce. Ma non basta questo a rendere trasparente il prodotto semi-lavorato, che a questo stadio si presenta di color bianco.
Quindi i ricercatori hanno aggiunto del metilmetacrilato prepolimerizzato (PMMA), un materiale a ridotta tossicità che trova già impiego in applicazioni comuni, ad esempio gli acquari o i vetri delle luci esterne delle automobili. In tal modo è stato modificato l’indice di rifrazione del materiale. A seconda dell’applicazione richiesta del nuovo tipo di legno, quindi, è possibile variarne la trasparenza.
Questo nuovo materiale ecologico potrebbe quindi contribuire a migliorare l’efficienza energetica degli edifici, diminuendo allo stesso tempo i costi di costruzione. Gli scienziati dell’istituto di ricerca svedese sono ora impegnati ad aumentare ulteriormente la trasparenza del biomateriale, a perfezionare il procedimento di produzione e a testare una più vasta gamma di essenze.
FONTE: www.rinnovabili.it
DANIELE VILLATORA GEOMETRA
Veranu, la mattonella sarda che produce energia e abbatte le emissioni di CO2
Produrre energia elettrica pulita semplicemente camminando, ballando o facendo sport? Non è fantascienza ma una tecnologia attuale utilizzata già in oltre 20 paesi del mondo, che ora arriva anche in Italia grazie a una startup sarda, Veranu. Situata in provincia di Cagliari, Veranu produce infatti speciali pavimenti sopraelevati – che si installano cioè al di sopra di quelli già esistenti – che, grazie alla tecnologia piezoelettrica, trasformano l’energia cinetica dei passi in energia elettrica.
Come detto si tratta di una tecnologia ben nota, già sfruttata altrove da diverse aziende e presente ad esempio già alle Olimpiadi di Londra del 2012, presso lo stadio di Rio De Janeiro, la stazione ferroviaria di Saint Omer in Francia e diverse altre stazioni e strutture in Australia, Malaysia, Abu Dhabi, Stati Uniti, India, Cina e Corea del Sud.
Rispetto a queste soluzioni però l’approccio di Veranu contiene anche altri elementi di innovazione. Le piastrelle impiegate infatti sono realizzate con materiali riciclati, che consentono quindi di abbattere le emissioni di CO2, riducendo al contempo i costi di produzione.
Le piastrelle, che misurano 30 x 30 x 4 cm e pesano circa 1 Kg, possono produrre fino a 2 W ad ogni passo, sono facili da installare e possono adattarsi a diversi contesti, grazie all ’ampia integrabilità garantita dalla possibilità di personalizzarne la superficie calpestabile a seconda delle esigenze e dei gusti del cliente.
Queste innovative piastrelle, che altrove sono già utilizzate sia da aziende private, come ad esempio discoteche, che in strutture pubbliche con aree di transito o spazi di aggregazione (piazze, aeroporti, stazioni di treni/bus e uffici), possono inoltre essere impiegate in contesti assai diversi. Oltre che per produrre energia e alimentare impianti di illuminazione o alimentazione Veranu può essere usata per rilevare posizione e movimento dei passanti, applicazioni utili in ambiti come sicurezza, consumer tracking e data collection.
https://www.youtube.com/watch?v=HOZaZHWhT0s&feature=youtu.be
DANIELE VILLATORA GEOMETRA
Ecco le regole fissate dal codice civile in materia di distanze minime per alberi di fusto alto o basso, viti, piante da frutto, siepi, arbusti e canneti.
art. 892. Distanze per gli alberi . Chi vuol piantare alberi presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali [c.c. 895]. Se gli uni e gli altri non dispongono, devono essere osservate le seguenti distanze dal confine:
1) tre metri per gli alberi di alto fusto. Rispetto alle distanze, si considerano alberi di alto fusto quelli il cui fusto, semplice o diviso in rami, sorge ad altezza notevole, come sono i noci, i castagni, le querce, i pini, i cipressi, gli olmi, i pioppi, i platani e simili [c.c. 898];
2) un metro e mezzo per gli alberi di non alto fusto. Sono reputati tali quelli il cui fusto, sorto ad altezza non superiore a tre metri, si diffonde in rami;
3) mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo.
La distanza deve essere però di un metro, qualora le siepi siano di ontano, di castagno o di altre piante simili che si recidono periodicamente vicino al ceppo, e di due metri per le siepi di robinie. La distanza si misura dalla linea del confine alla base esterna del tronco dell'albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo dove fu fatta la semina [c.c. 894, 896].
Le distanze anzidette non si devono osservare se sul confine esiste un muro divisorio, proprio o comune [c.c. 878], purché le piante siano tenute ad altezza che non ecceda la sommità del muro .
Art. 893. Alberi presso strade, canali e sul confine di boschi. Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, trattandosi di boschi, canali e strade di proprietà privata, i regolamenti (1) e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dall'articolo precedente [c.c. 894].
Art. 894. Alberi a distanza non legale Il vicino può esigere che si estirpino gli alberi e le siepi che sono piantati o nascono a distanza minore di quelle indicate dagli articoli precedenti [c.c. 892, 893]
Art. 895. Divieto di ripiantare alberi a distanza non legale. Se si è acquistato il diritto di tenere alberi a distanza minore di quelle sopra indicate, e l'albero muore o viene reciso o abbattuto, il vicino non può sostituirlo, se non osservando la distanza legale [c.c. 892]. La disposizione non si applica quando gli alberi fanno parte di un filare situato lungo il confine [c.c. 899]
Art. 896. Recisione di rami protesi e di radici. Quegli sul cui fondo si protendono i rami degli alberi del vicino può in qualunque tempo costringerlo a tagliarli, e può egli stesso tagliare le radici che si addentrano nel suo fondo, salvi però in ambedue i casi i regolamenti e gli usi locali. Se gli usi locali non dispongono diversamente, i frutti naturalmente caduti dai rami protesi sul fondo del vicino appartengono al proprietario del fondo su cui sono caduti [c.c. 821]. Se a norma degli usi locali i frutti appartengono al proprietario dell'albero, per la raccolta di essi si applica il disposto dell'articolo 843.
Art. 897. Comunione di fossi. Ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune [c.c. 898, 899]. Si presume che il fosso appartenga al proprietario che se ne serve per gli scoli delle sue terre, o al proprietario del fondo dalla cui parte è il getto della terra o lo spurgo ammucchiatovi da almeno tre anni [c.c. 881]. Se uno o più di tali segni sono da una parte e uno o più dalla parte opposta, il fosso si presume comune.
Art. 898. Comunione di siepi. Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed è mantenuta a spese comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario [c.c. 880, 897, 899]. Se uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.
Art. 899. Comunione di alberi. Gli alberi sorgenti nella siepe comune sono comuni [c.c. 895, 898]. Gli alberi sorgenti sulla linea di confine si presumono comuni, salvo titolo o prova in contrario [c.c. 897]. Gli alberi che servono di limite o che si trovano nella siepe comune non possono essere tagliati, se non di comune consenso o dopo che l'autorità giudiziaria abbia riconosciuto la necessità o la convenienza del taglio [c.c. 1105, 1108, 1109]
La ventilazione meccanica controllata (VMC) è un valido aiuto per i soggetti allergici……
Rinite allergica, prurito oculare, tosse, asma: per un’importante fetta della popolazione italiana – circa il 10-20% secondo le stime dell’OMS – l’arrivo della primavera coincide con la fase più acuta della sintomatologia legata alle allergie ai pollini. Fatta eccezione per patologie più gravi come l’asma, la maggior parte di questi disturbi non sono pericolosi ma influiscono pesantemente sulla qualità della vita di chi ne soffre.
Il senso di malessere generale, l’incapacità di dormire o di concentrarsi durante l’attività professionale a causa dei sintomi ricorrenti possono infatti provocare conseguenze anche sul piano psicologico, aprendo le porte a sconforto e irritabilità.
Per questo alle persone soggette viene consigliato di rimanere all’interno di luoghi chiusi, erroneamente considerati come ambienti più protetti, dove i pollini hanno minor possibilità di circolazione. Ciò che spesso non viene considerato è la presenza, all’interno delle mura domestiche, di ulteriori fattori allergici che possono acuire l’insorgenza e il peggioramento dei disturbi.
Acari, muffe, fumo di sigaretta, composti organici volatili (VOC) provenienti da pitture, materiali da arredamento e costruzione: l’inalazione di questi inquinanti, tra i più comuni negli spazi indoor, può infatti aggravare la risposta infiammatoria nei soggetti sensibilizzati.
Ma non solo: negli ambienti chiusi la concentrazione di allergeni e sostanze nocive risulta essere addirittura maggiore in confronto all’esterno, dove essi vengono dispersi in un volume d’aria molto superiore rispetto ai metri cubi di un locale confinato.
Restare in casa quindi è una soluzione efficace solo se l’aria dell’ambiente interno viene costantemente ricambiata e purificata, in modo da risultare priva di elementi “scatenanti”. La problematica è facilmente risolvibile con l’installazione di un sistema di Ventilazione Meccanica Controllata dotato di un filtro per la sanificazione dell’aria in entrata.
Aria salubre, in ogni stanza
Per chiunque sia soggetto alle allergie stagionali la semplice apertura delle finestre per cambiare l’aria in casa può rivelarsi alquanto controproducente, in quanto permette l’entrata negli spazi domestici ai pollini che danno vita ai fastidiosi sintomi. Il sistema VMC consente il ricircolo costante dell’aria indoor anche a
Ma che cos’è la VMC ?
Un sistema di ventilazione meccanica controllata o VMC è un impianto deputato al ricambio continuo e al filtraggio dell’aria in un ambiente confinato, sia in casa che negli uffici che in qualsiasi tipo di edificio pubblico.
Come funziona un impianto di VMC?
Esistono varie tipologie di impianti vmc, ma il funzionamento di base è il medesimo: l’aria esausta degli ambienti interni viene estratta mentre altra aria, proveniente dall’esterno e ricca di ossigeno, viene immessa all’interno dei locali. Si ottiene così, in modo totalmente automatico e continuo, il ricambio d’aria che solitamente si cerca di ottenere spalancando le finestre.
Ci sono però diversi vantaggi nell’utilizzare un sistema di ventilazione meccanica controllata multistanza invece di aprire semplicemente gli infissi: i sistemi VMC dotati di un meccanismo di filtrazione ad alta efficienza, sono in grado di arrestare sia i pollini che le pericolosissime polveri sottili che si trovano in sospensione nell’aria esterna.
Inoltre la VMC è dotata di uno scambiatore di calore che può recuperare sia il calore sensibile che quello latente (ovvero il calore contenuto nell’umidità) dell’aria in uscita. Questo calore viene poi ceduto all’aria in entrata, consentendo di risparmiare notevolmente sui costi di riscaldamento in quanto l’aria fredda esterna viene riscaldata prima di essere immessa nella casa calda.
Le diverse fasi di filtraggio dell’aria
Quando l’aria esterna, che può contenere pollini, polvere, polveri sottili e altri inquinanti pericolosi per salute, viene “catturata” dal sistema vmc, questa viene filtrata dalle impurità, risultando quindi pulita dagli inquinanti. A questo punto, viene riscaldata (o in estate raffrescata, se si usa il condizionatore ) ed immessa negli ambienti interni. Al contempo l’aria esausta che si trova in casa viene estratta, filtrata attraverso un filtro più grossolano che ha il compito di preservare l’efficienza della macchina, quindi passa attraverso uno scambiatore di calore, cedendo l’energia termica all’aria nuova in entrata, senza entrare mai in contatto con questa, per poi essere espulsa all’esterno.
Per un approfondimento:
geom. Daniele Villatora cell. 3396400121
www.studiovillatora.it
Bio-pittura agli ioni d’argento
completamente naturale !!!!!
Prima di dare un giudizio ho voluto provarla a casa mia. Sono passati già due anni dalla tinteggiatura con questo fantastico prodotto e ho potuto apprezzarne i molteplici benefici.
Si tratta di una pittura minerale completamente biologica a base di vetro cavo, vetroceramica e silici icoloidali. E’ un prodotto composto da particelle nanotecnologiche che conferisce al supporto una elevata traspirabilità. Consente di ottenere un clima interno piacevole, riduce i costi di riscaldamento e condizionamento. Protegge le superfici da agenti dannosi e ha caratteristiche auto-pulenti. Aggredisce le sostanze organiche aderenti alle pareti eliminando i cattivi odori e neutralizzando le sostanze inquinanti ( come, ad esempio, la formaldeide e i solventi presenti nell’aria).
L’umidità presente sulla parete, attivando le nanoparticelle di argento, origina molecole d’acqua ionizzata agli ioni d’argento con proprietà antibatteriche in grado di purificare la superficie. Gli ioni sprigionati nell’ambiente attirano le particelle in sospensione che, precipitando, vengono neutralizzate. In questa maniera, ad esempio, gli odori prodotti dal fumo e dalla cucina svaniscono definitivamente.
Per un approfondimento potete consultare direttamente il sito del produttore: www.ulkerfarbe.com o rivolgervi al sottoscritto :
Geom. Daniele Villatora cell. 3396400121
Abusi edilizi, Google Earth vale come prova della loro esistenza
La Cassazione spiega che le immagini possono essere utilizzate per provare la data di realizzazione dei manufatti
15/01/2021 – Google Earth può essere utilizzato per provare la presenza di un abuso edilizio e risalire alla data della sua realizzazione. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 37611/2020.
Abusi edilizi e Google Earth
I giudici si sono pronunciati sul ricorso presentato dai proprietari di un terreno, che erano stati condannati per aver realizzato una piscina in muratura senza aver ottenuto il permesso di costruire.
Secondo i ricorrenti, non era stata effettuata nessuna istruttoria e le uniche prove, su cui si era basata la condanna, erano delle immagini provenienti da Google Earth. Uno strumento che, a loro avviso, era privo di rilevanza giuridica e non consentiva di valutare l’usura dei materiali, la data effettiva di realizzazione del manufatto e, quindi, l’eventuale prescrizione del reato.
Abusi edilizi, Google Earth può provarli
I giudici hanno respinto le motivazioni dei ricorrenti spiegando in primo luogo che i proprietari dimoravano nell’immobile interessato dai lavori senza aver dimostrato la propria contrarietà alla realizzazione della piscina. Per questo motivo la Cassazione li ha identificati come committenti delle opere.
In secondo luogo, la Cassazione ha sottolineato che grava sull’imputato, che voglia far valere la prescrizione del reato, l’onere di allegare le prove da cui si possa desumere una diversa data di realizzazione dell’opera.
Sulla base di questi motivi, la Cassazione ha confermato la condanna a carico dei due proprietari.